giovedì 27 novembre 2008

Dedicato a chi non ricorda come eravamo noi Italiani

"No, la nostra razza non è degenerata: è sempre la stessa", così diceva Consalvo Uzeda, nel romanzo I Viceré di Federico De Roberto.

Ma poiché noi, Italiani di oggi, non ricordiamo poi molto del nostro costume di qualche tempo fa, non possiamo poi dire molto circa la verità o falsità di una simile affermazione, frutto di un'epoca e di uno sviluppo storico, che oggi sembra tanto lontano.

Da questa piccola premessa è nata un'idea: quella di costituire un gruppo fotografico su Flickr che raccolga le immagini degli Italiani che ci hanno preceduti e che, talvolta, hanno fatto parte delle nostre vite, in qualità di nonni, avi, parenti.

Pietro Pezzuto

Il gruppo si chiama Italiani, brava gente - e come se no? - e raccoglie foto provenienti da diverse parti d'Italia e del mondo, con una piccola didascalia, che possa offrire qualche spunto di informazione o di riflessione sugli Italiani dell'altro secolo.

L'idea della condivisione su Internet di un tale progetto mi è sembrato piuttosto naturale: la Rete unisce chi sta lontano, concede spazi di incontro dislocati nel mondo e offre una cultura alternativa che non si trova altrove.

La fotografia poi si presta particolarmente alle ricostruzioni storiche, perché è immediata nella comunicazione e nel risultato.

Ma come tutte le iniziative, per avere successo, anche questo gruppo ha bisogno di proseliti, di impegno, di un po' di tempo ed interesse verso un modello di "raccolta bibliografica" che può essere molto utile agli smemorati di oggi.

Ho inserito anch'io qualche immagine della mia famiglia, perché credo che la storia d'Italia sia la storia di tutte le famiglie, che nel bene e nel male hanno dato il proprio contributo a quello che siamo oggi.

Carmela Pezzuto

Mi dispiace solo constatare che il sacrificio dei nostri avi, che hanno combattuto per unificare l'Italia prima e per difenderla nelle due guerre mondiali poi, non trovi oggi sufficiente riconoscimento nel nostro paese, in cui alcuni valori si sono persi a tutto vantaggio di costumi, nei quali è difficile essere a proprio agio.

Ma soprattutto addolora pensare che il senso comune di appartenenza, che speriamo si risvegli con il lavoro del gruppo Italiani, brava gente, sia sempre più debole e che si parli di un Nord e di un Sud, come fossimo tornati alle prime pagine del libro di Federico De Roberto.

Direbbe Metternich che "Chi fa la storia non ha tempo per scriverla" e potremmo aggiungere che i viceré non sono poi scomparsi del tutto, ma questa è un'altra dedica...

venerdì 14 novembre 2008

mercoledì 5 novembre 2008

Dedicato a chi paga il canone TV: StreamIT e la TV online

"Mi piace la televisione, soprattutto perché la si spegne facilmente." Robert Mitchum

Quando guardate la TV non vi sorge mai il dubbio che il canone è sprecato per quello che viene offerto? Non vi è mai capitato di sentire una notizia al telegiornale e cercare conferme nella Rete, perché non ritenete imparziale ciò che avete sentito?

Ebbene, se dalla TV passate ad Internet pensando che il Web sia più libero, allora siete pronti anche voi per gustare la televisione del futuro.

La TV, quella buona, varia, nuova e multifunzione come una lavatrice, va sul Web, perché quella tradizionale non lascia spazio più a niente di diverso che non parli con la voce rauca e maschile della De Filippi, non vesta i succinti abiti di veline, non aspetti il miracolo dei pacchi o non discuta con il canarino di Del Piero.

Intendiamoci, nulla da ridire su coloro che la sera, affondati nelle poltrone o in comodi divani, si trastullano davanti ai programmi che abbiamo acquistato o meno con il canone RAI - de gustibus! - ma a volte bisogna cambiare, diventa un'esigenza della nostra mente, quella di poter vedere qualcosa di diverso e più fruibile.

Ho gironzolato su Internet alla ricerca di una valida alternativa al piccolo schermo, che non abbia necessariamente un telecomando con le pile puntualmente scariche, che non mandi una pubblicità ogni 30 secondi di film e che potesse dirmi cosa sto guardando, se per puro caso le facce dovessero essere diverse dalle solite note.

Mi sono così imbattuta in StreamIT, qualcosa di più di una TV, qualcosa di meno di ciò che può ancora accadere, qualcosa di interessante per capire dove sta andando la tecnologia televisiva.

Il sito è in 3 lingue, fra cui non manca finalmente l'Italiano, e questa è già una grande cortesia verso chi conosce l'inglese, ma vorrebbe ogni tanto esercitare anche la lingua che fu di Dante; la grafica è eccellente, l'interattività davvero ben riuscita e i programmi ben titolati.

In giro per la Rete poi si trova tanto ancora, inclusi e da non sottovalutare, alcuni video su You Tube, che può essere considerato una sorta di TV popolare, fatta di stralci di vita quotidiana o di trasmissioni del piccolo schermo, che vengono anche votati.

Ma soprattutto Internet veicola l'altra informazione, quella che non va sulla TV perché, fra beghe politiche, mancate elezioni, interessi privati e scarso rispetto per il popolo pagante, è scomoda.

Insomma, oggi la cultura passa prima da Internet e con qualche eccezione arriva, con non poco ritardo, anche in TV; la Rete è un open space che accoglie culture diverse, cui ognuno di noi dà il suo contributo, e nel bene o nel male, possiamo scegliere. Il piccolo schermo può soddisfare ancora questa esigenza di varietà?

sabato 1 novembre 2008

Dedicato a chi i bidoni dell'immondizia non sapeva dove metterli...

Vivo nella città del Barocco, la "piccola Firenze", come molti l'hanno definita: Lecce è un concentrato di palazzi e chiese cesellate da mani maestre, che hanno modellato in maniera spettacolare la morbida pietra bianca, regalando alla città un patrimonio artistico ed architettonico che ha pochi concorrenti in Italia.

Scorcio Duomo

I turisti si incantano dinanzi allo splendore di Santa Croce e San Giovanni Battista, ma non possono mai girare le spalle alle facciate delle chiese, pena privare gli occhi di tanto incanto e incorrere nell'alto genio di chi ha pensato strategicamente di posizionarvi di fronte il cassonetto dell'immondizia.

day after day

Ebbene sì, a Lecce abbiamo un'Amministrazione Comunale tanto precisa da aver quasi preso le misure: di fronte alle chiese svettano dei pittoreschi bidoni dai colori ecologici verde e blu, in una sfilata di "arte moderna", più simile ad un incompreso Fontana che al nostro beneamato Zimbalo.

Uscire da una chiesa barocca e mettere a fuoco il bidone dei rifiuti urbani è un po' come uscire da un bar con il gelato in mano e godere dello spettacolo di un cane che lascia i suoi bisogni sul marciapiede, ma è probabile che mi stia sbagliando, che c'è una strategia del posizionamento del bidone, che ha una sua finalità, anche se ai cittadini ignota.

Se è così, mi scuso con il turista che me lo ha fatto notare chiedendomi il perché il bidone fosse proprio lì, in bella vista su tutte le foto ricordo: io non ne conosco il motivo e come cittadina non l'ho chiesto all'Amministrazione, mea culpa!

Ma alle prossime elezioni chiederò i bidoni in pietra leccese in stile barocco, almeno si integreranno con l'architettura delle chiese. Intanto dedico questo post a tutti coloro che la notte hanno dormito sonni travagliati, pensando a quale fosse la posizione migliore per il cassonetto dei rifiuti, sarà stato davvero difficile collocarli e alla fine avrà esclamato: "Eureka!"

E finalmente il bidone ebbe il suo posto d'onore, e che posto!

giovedì 30 ottobre 2008

I libri e gli autori che possono cambiarti la vita o aiutarti a viverla

"L’uomo scopre nel mondo solo quello che ha già dentro di sé. Ma ha bisogno di conoscere il mondo per scoprire quello che ha dentro di sé" (Hugo Von Hoffmanstahl).

Per conoscere il mondo abbiamo solo due possibilità: leggere la vita e il genio degli altri o vivere la propria per raccontarla, se può essere interessante per gli altri.

Al momento non credo che la mia sortirebbe qualche interesse e così ho lasciato che la buona lettura mi regalasse uno spazio per capire o per accettare quello che il quotidiano ci riserva.

E se anche non si trova proprio una risposta a tutto, nei libri si trova una soluzione per la noia e l'apatia, perché persone come Marquez, Biagi, Pamuk, Giordano sanno parlare dell'universo con la semplicità con cui un bambino chiede il latte quando ha fame.

Ognuno di loro ha lasciato una traccia di sé:

a Marquez va il merito di aver descritto la vita, non come semplice successione di eventi o di storie, ma come quadro in cui i colori, giusti o sbagliati che siano, ben accostati o contrastanti, armoniosi o obrobriosi, sono sempre reali, basta saperli ammirare. I suoi "Cent'anni di solitudine", "L'autunno del patriarca", "Il generale nel suo labirinto" sono un esercizio di stile insuperabile, da cui si può imparare a credere nelle potenzialità dei difetti di ognuno e a parlare con le giuste parole;

a Biagi va il ringraziamento di riuscire a far piangere della sincerità dei sentimenti nelle sue opere e nella sua "Lettera d'amore ad una ragazza di una volta". A lui va il merito di aver descritto un'Italia che in pochi conosciamo, con l'affetto che un italiano disilluso può mettere nella descrizione dei fatti della sua terra, con la lucidità di uno straniero impegnato in un reportage e la partecipazione di un partigiano, che c'era suo malgrado quando avrebbe potuto scegliere di eclissarsi;

a Pamuk devo riconoscenza per aver descritto l'arte come amore per ciò che le mani sanno fare di buono e per gli errori che seminano. "Il mio nome è rosso" è un capolavoro di somma cultura, dove metafore e descrizioni artistiche sono un modo nuovo e importante di vedere l'arte, la sua perfezione nell'errore e la dedizione che molti hanno investito in essa per regalare qualcosa di unico al mondo;

a Giordano va il mio in bocca al lupo per la sua carriera di scrittore, brillantemente lanciata con "La solitudine dei numeri primi", un libro scritto con una lingua che sembra tanto scontata quanto difficile da praticare all'occorrenza. La storia semplice e senza fronzoli, lineare come la visione di chi il mondo lo vede in bianco o in nero, riserva in realtà risvolti imprevisti che turbano gli equilibri per dimostrare che nulla è matematico nei sentimenti, se non la certezza di commettere spesso errori con la facilità con cui si mangia. La solitudine altro non è che la legge matematica secondo cui prima o poi a tutti capita di sentirsi soli in mezzo agli altri.

Queste brevi (o lunghe?) farneticazioni sono dedicate a chi, come me, fiuta i libri nuovi quando li scarta, li tocca ogni tanto quando sono nelle librerie, li conta per assicurarsi che non ne manchino, li riapre per cercare risposte o per porsi domande quando le cose prendono percorsi imprevisti.

Dedico questo post anche agli autori citati, che fanno (o hanno fatto) ciò che amano fare senza preoccuparsi del successo, perché solo ciò che si ama fare dà soddisfazione anche quando gli altri non ti riconoscono alcun merito.

mercoledì 29 ottobre 2008

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