giovedì 30 ottobre 2008

I libri e gli autori che possono cambiarti la vita o aiutarti a viverla

"L’uomo scopre nel mondo solo quello che ha già dentro di sé. Ma ha bisogno di conoscere il mondo per scoprire quello che ha dentro di sé" (Hugo Von Hoffmanstahl).

Per conoscere il mondo abbiamo solo due possibilità: leggere la vita e il genio degli altri o vivere la propria per raccontarla, se può essere interessante per gli altri.

Al momento non credo che la mia sortirebbe qualche interesse e così ho lasciato che la buona lettura mi regalasse uno spazio per capire o per accettare quello che il quotidiano ci riserva.

E se anche non si trova proprio una risposta a tutto, nei libri si trova una soluzione per la noia e l'apatia, perché persone come Marquez, Biagi, Pamuk, Giordano sanno parlare dell'universo con la semplicità con cui un bambino chiede il latte quando ha fame.

Ognuno di loro ha lasciato una traccia di sé:

a Marquez va il merito di aver descritto la vita, non come semplice successione di eventi o di storie, ma come quadro in cui i colori, giusti o sbagliati che siano, ben accostati o contrastanti, armoniosi o obrobriosi, sono sempre reali, basta saperli ammirare. I suoi "Cent'anni di solitudine", "L'autunno del patriarca", "Il generale nel suo labirinto" sono un esercizio di stile insuperabile, da cui si può imparare a credere nelle potenzialità dei difetti di ognuno e a parlare con le giuste parole;

a Biagi va il ringraziamento di riuscire a far piangere della sincerità dei sentimenti nelle sue opere e nella sua "Lettera d'amore ad una ragazza di una volta". A lui va il merito di aver descritto un'Italia che in pochi conosciamo, con l'affetto che un italiano disilluso può mettere nella descrizione dei fatti della sua terra, con la lucidità di uno straniero impegnato in un reportage e la partecipazione di un partigiano, che c'era suo malgrado quando avrebbe potuto scegliere di eclissarsi;

a Pamuk devo riconoscenza per aver descritto l'arte come amore per ciò che le mani sanno fare di buono e per gli errori che seminano. "Il mio nome è rosso" è un capolavoro di somma cultura, dove metafore e descrizioni artistiche sono un modo nuovo e importante di vedere l'arte, la sua perfezione nell'errore e la dedizione che molti hanno investito in essa per regalare qualcosa di unico al mondo;

a Giordano va il mio in bocca al lupo per la sua carriera di scrittore, brillantemente lanciata con "La solitudine dei numeri primi", un libro scritto con una lingua che sembra tanto scontata quanto difficile da praticare all'occorrenza. La storia semplice e senza fronzoli, lineare come la visione di chi il mondo lo vede in bianco o in nero, riserva in realtà risvolti imprevisti che turbano gli equilibri per dimostrare che nulla è matematico nei sentimenti, se non la certezza di commettere spesso errori con la facilità con cui si mangia. La solitudine altro non è che la legge matematica secondo cui prima o poi a tutti capita di sentirsi soli in mezzo agli altri.

Queste brevi (o lunghe?) farneticazioni sono dedicate a chi, come me, fiuta i libri nuovi quando li scarta, li tocca ogni tanto quando sono nelle librerie, li conta per assicurarsi che non ne manchino, li riapre per cercare risposte o per porsi domande quando le cose prendono percorsi imprevisti.

Dedico questo post anche agli autori citati, che fanno (o hanno fatto) ciò che amano fare senza preoccuparsi del successo, perché solo ciò che si ama fare dà soddisfazione anche quando gli altri non ti riconoscono alcun merito.

mercoledì 29 ottobre 2008

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